La ‘Tozzi’ parla… di Tozzi

Ricorre il centenario della morte del grande scrittore e la scuola Tozzi si unisce alle iniziative a lui dedicate

Originariamente pubblicato su “La Nazione” di giovedì 28 maggio 2020.

Non è stato un incontro facile quello con Federigo Tozzi, uno degli scrittori più importanti del Novecento; abbiamo scelto di parlare di questo grande senese perché la nostra scuola è intitolata a lui, e quest’anno è il centenario della sua morte.

Tozzi nacque a Siena nel 1883. Ebbe una vita difficile: il padre aveva un carattere violento e la madre a cui voleva molto bene, morì nel 1895 quando Tozzi aveva solo 12 anni. Fu un ragazzo irrequieto, a cui non piacevano le regole, e per questo fu sospeso da scuola più volte. Ma a lui piaceva scrivere, e leggeva scrittori classici e contemporanei, interessato soprattutto a studiare gli antichi scrittori toscani. Si innamorò di Isola, una contadina di Radda, che però lo tradì con un altro uomo; questo sarà un grande trauma per lui e descrisse questa sua tristezza nel romanzo ‘Con gli occhi chiusi’.
Nel 1902 sposò Emma Palagi con cui ebbe un figlio, Glauco, nel 1903 e, in seguito, andò a vivere a Roma. Sfortunatamente, a causa di una polmonite, morì giovane, a 37 anni nel 1920 ed ora riposa al Laterino.

«Siamo un po’ tutte sensibili al fatto che c’è questa presenza»
Silvia Tozzi

Lo stile di Tozzi è asciutto e un po’ arcaico, usa molti senesismi e toscanismi e i suoi racconti sono cupi, pieni di povertà e disagio.

I suoi personaggi ci hanno fatto tristezza e tenerezza: in loro riversa la sua malinconia e angoscia e rispecchiano la sua vita e la sua personalità tormentate. A volte ci è capitato di non comprendere il significato completo delle novelle che leggevamo, ostacolati proprio dal carattere contorto dei personaggi.

Forse è un bene che noi ragazzi non intendiamo completamente i suoi racconti perché significa  che non abbiamo mai provato le sue sensazioni tristi. Le sue descrizioni sono davvero belle e la maggior parte delle volte riguardano luoghi che vediamo quotidianamente qui a Siena.

In ‘Con gli occhi chiusi’ descrive il podere di Poggio a Meli che in realtà si chiama Castagneto ed è ai Cappuccini. Siamo andati a visitarlo e lì abbiamo conosciuto le nipoti di Tozzi, le figlie di Glauco, e i loro simpatici mariti. Ci hanno raccontato aneddoti molto interessanti, che non si trovano in nessun libro, ad esempio ci hanno detto che lui scriveva tutte le sue descrizioni camminando, per riportare fedelmente la realtà. Hanno cercato di mantenere il podere come all’epoca di Tozzi; abbiamo riconosciuto la casa che Ghigo aveva voluto far dipingere di rosso, il cortile e l’aia con i mattoni sconnessi, il pozzo e il bellissimo panorama di Siena, ormai molto cambiato. Abbiamo anche capito che essere le eredi di un grande scrittore è complicato, perché è necessaria un’enorme responsabilità per manovrare i suoi manoscritti, ma dall’altro è molto positivo, vivere nei posti descritti dal nonno le influenza molto, ‘siamo un po’ tutte sensibili al fatto che c’è questa presenza’ conclude Silvia Tozzi.